Capolavoro del cinema d’animazione del 1979, Lupin III: Il castello di Cagliostro fu diretto dal “Dio degli anime” Hayao Miyazaki e prodotto dalla TMS. Il film sancisce il debutto cinematografico del maestro nei lungometraggi, in cui mostra la sua eccezionale narrativa e fantasia.
Il nostro eroe-ladro si trova in una situazione molto insolita. Mentre cerca il tesoro di Cagliostro, scopre che in realtà la cosa che desidera veramente è salvare la bella e dolce principessa Clarisse impedendo il matrimonio con il malvagio Conte di Cagliostro. Quest’ultimo è alla ricerca del tesoro segreto della sua famiglia e per trovarlo ha bisogno dell’anello della ragazza. I suoi piani vengono però ostacolati da Lupin. I compagni del ladro: l’infallibile pistolero Jigen e l’inflessibile samurai Goemon, benché sorpresi, supportano l’amico in questa vicenda. Nel frattempo la bella Fujiko Mine continua a mirare con tenacia al tesoro. Naturalmente non passa molto tempo prima che arrivi pure l’ispettore Zenigata, sempre all’inseguimento del più astuto ladro del mondo.
L’incontro tra Lupin e Miyazaki non fu una novità. Il regista aveva già partecipato, in collaborazione con Isao Takahata e Masaaki Ōsumi, alla creazione della prima serie televisiva iniziata nel 1971, Le avventure di Lupin III, e avrebbe poi lasciato brevemente il segno sulla quarta stagione con due sensazionali episodi diretti nel 1980 (Ep.145 Wings of Death – Albatross e Ep.155 Farewell My Beloved Lupin). La serie televisiva è tratta dall’omonimo manga del 1967 di Monkey Punch. Il personaggio è liberamente ispirato ad Arsène Lupin ideato da Maurice Leblanc.
Nel cinema di Hayao Miyazaki, Lupin III: Il Castello di Cagliostro è il film più celato, quello che nasce associato per intero alla serialità da piccolo schermo. Questo film rappresenta qualcosa di più che un solitario capolavoro nella sterminata filmografia dedicata al ladro. Lupin III è un protagonista carismatico e pieno di risorse, e le sue imprese sono energiche e vitali.
A bordo della Fiat 500 e con la classica giacca verde, sullo schermo passa un’affascinante fiaba moderna con protagonista un principe azzurro, una bella principessa da salvare e un malvagio che vive rintanato in un’inespugnabile fortezza.
Il castello di Cagliostro ricorda quello di Le Roi et l’Oisea del 1953 (purtroppo ancora inedito in Italia) del francese Paul Grimault, artista enormemente amato da Miyazaki. Per non tradire la sua formazione alla Toei Animation ricicla alcune idee del lungometraggio Il gatto con gli stivali del 1969. Il resto è tutta farina del suo sacco, compresa la miscela perfetta di azione e poesia. L’opera si discosta nettamente dai toni adulti del fumetto di Monkey Punch e della serie TV.
Lo spettatore rimane coinvolto dai suoi primi fotogrammi. Le animazioni sono a dir poco eccelse. Un misto di azione, comicità e romanticismo pervade la pellicola. Ogni personaggio ha un proprio ruolo all’interno della storia e le loro interazioni sono ben sviluppate. Il character design è distintivo e memorabile, con Lupin e i suoi compagni che trasudano personalità e fascino. L’animazione è accompagnata da una mitica colonna sonora jazz di Yuji Ohno.
La pellicola è allegra, frizzante e malinconica, caratteristiche costanti dei futuri film firmati Ghibli, studio che sarà fondato nel 1985 grazie a Hayao Miyazaki, Isao Takahata, Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma.
Sebbene Il castello di Cagliostro possa non possedere la stessa profondità e complessità di alcuni dei film successivi di Miyazaki come Principessa Mononoke o La città incantata, rimane un’esperienza audiovisiva molto piacevole e divertente. È la prima testimonianza del suo talento come regista e narratore, ponendo le basi per i suoi futuri capolavori. In questo lungometraggio Miyazaki ci ha rubato qualcosa di importante, ci ha portato via il cuore.