Mentre restiamo in attesa della quarta stagione (prevista probabilmente per la primavera di quest’anno), facciamo il punto sulle passate tre di: Love, Death & Robots.
La serie ideata da Tim Miller racconta in un profluvio di generi, storie che hanno, come da titolo, al centro amore, morte e robot. Con un attivo di trentacinque episodi, ogni stagione mostra, in maniera sempre convincente, almeno uno dei tre soggetti del titolo della serie.
Love, Death & Robots è un’antologia di cortometraggi autoconclusivi che possono essere visti senza alcun ordine preciso. Se è la prima volta che approcciate la serie disponibile su Netflix, che iniziate dal primo episodio, dal ventesimo o addirittura dall’ultimo non rimarrete assolutamente confusi. Ineccepibile dal punto di vista tecnico artistico, la serie regala piccoli film che sono una vera e propria gioia per gli occhi in molti, moltissimi casi. Episodi come La notte dei pesci (St. 1 Ep. 13), L’erba alta (St. 2 Ep. 5), Jibaro (St. 3 Ep. 9) raccontano storie radicalmente diverse tra loro, come diversa è la CGI, ma hanno in comune una grande forza narrativa. Jibaro scritto e diretto da Alberto Mielgo (già vincitore di un Oscar per The Windshield Wiper) è, probabilmente, uno dei corti più interessanti sia per la storia che, soprattutto, per la sua realizzazione filmica (lo si può già capire dal trailer della stagione), ed è uno degli episodi che rimangono più impressi.
Love, Death & Robots non manca però di debolezze, piccole crepe, che sono fisiologiche nell’economia di una serie corposa come questa. Le piccole imperfezioni, che non inficiano comunque sul buon giudizio complessivo, sono sostanzialmente due: la poca memorabilità di molti episodi e una sostanziale “piattezza” globale sui toni cupi e disfattisti.
Su una totalità di trentacinque episodi sono pochi quelli veramente degni di nota per ciò che raccontano; una narrazione che, molto spesso, finisce in secondo piano rispetto alla bellezza visiva di tutte e tre le stagioni. Oltre ai tre episodi citati sopra se ne aggiungono pochi altri al novero dei memorabili e forse il motivo è da ricercarsi nel fatto che la serie riproduce costantemente le stesse dinamiche distruttive in quasi ogni episodio: dopo un po’ la cosa può iniziare a dar noia.
A salvare dallo sgomento continuo ci pensano alcuni episodi più leggeri, ridanciani o dal finale felice. Ci si riferisce a corti quali ad esempio: L’era glaciale (St. 1 Ep. 3), Servizio clienti automatico (St. 2 Ep. 1), Era la notte prima di Natale (St. 2 Ep. 6), La notte dei minimorti (St. 3 Ep. 4) e Mason e i ratti (St. 3 Ep. 7).
Arrivando a conclusione Love, Death & Robots, nonostante alcune ombre, è una serie che offre sicuro intrattenimento e mostra, in molti casi, come l’animazione abbia fatto enormi passi da gigante in ambito 3D. Dovrebbe essere recuperata anche dagli eventuali scettici.
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