Tra i lungometraggi di animazione da riscoprire troviamo Un’estate con Coo (2007). Opera nipponica diretta e sceneggiata da Keiichi Hara, noto per Colorful (2010), Miss Hokusai (2015), Birthday Wonderland (2019) e prodotta dalla Shin-Ei Animation.
Koichi Uehara, uno studente di quarta elementare, scopre una strana pietra nel letto asciutto di un fiume e decide di portarla a casa. Nel momento che però tenta di lavare il prezioso trofeo, ne viene fuori uno strano animale. L’animale incredibilmente è un kappa, uno spirito d’acqua, sopravvissuto per oltre duecento anni. La famiglia Uehara adotta la creatura che decide di chiamare Coo. Tuttavia, nonostante le premure della famiglia Uehara, la notizia della presenza di un kappa a casa loro presto si diffonde in tutto il paese, che entro breve tempo non fa che parlare di lui. La storia è basata sui romanzi di Masao Kogure del 1978: Kappa ôsawagi (lett. “Il tumulto dei kappa”) e Kappa bikkuri-tabi (lett. “Il sorprendente viaggio del kappa”).
Di tutti gli yokai (i mostri del folklore nipponico), il kappa è probabilmente il più conosciuto dai giapponesi, molti dei quali, peraltro, credono che esistano davvero. Però sono pochi disposti a vederne un lato umano e amichevole. Nei primi minuti ci viene mostrato come un samurai intimorito da un kappa (il padre di Coo) sfodera la spada e squarcia lo yokai. La scena è rappresentata in tutta la sua crudeltà e violenza mostrandoci così un uomo che non tollera il diverso e lo sconosciuto.
Pertanto la figura del kappa viene adoperata dal regista come metafora della diversità. Esse sono creature che rappresentano ormai una minoranza etnica in via di estinzione a causa del degrado ambientale. La sfiducia che il piccolo kappa nutre nei confronti del genere umano è in qualche misura lacerata. Da una parte assiste a una terra stuprata e a una natura ridotta scenografia di un’eccessiva cementificazione; dall’altra il piccolo intravede una luce di speranza rappresentata dalla famiglia Uehara che si dimostra affettuosa e premurosa nei suoi confronti.
Col passare dei giorni Coo costruisce un intenso legame con il suo salvatore. Inizialmente Koichi sembrerebbe un ragazzo comune e simile ai suoi coetanei. Grazie a lui il regista esamina l’adolescenza (attribuita come l’età in cui si è in balia del bene o del male), concentrandosi sui fenomeni del bullismo e dell’emarginazione. In una società in cui non vi è più rispetto per l’uomo e la natura, Coo diventa maestro di vita per il protagonista. Koichi, grazie all’apertura verso il diverso (il kappa), si rende differente dall’uomo medio, menefreghista e ignorante.
Non meno interessante è il cane di famiglia, Boss, che instaura un ottimo rapporto con la creatura con cui può comunicare tramite il pensiero. Con il passato del quadrupede, Hara esprime il suo totale disprezzo verso la violenza. Difatti il suo ex padroncino subiva maltrattamenti dai compagni di scuola e sfogava tutto il suo rancore su di lui. Hara crede che molto spesso la causa della violenza e della fragilità nei giovani sia spesso dovuto dall’assenza di un nucleo familiare forte e di un punto di riferimento adulto e saggio.
Dopo un po’ di tempo la città viene a conoscenza di Coo, e la famiglia viene assalita dai mass media. Qui i mezzi di comunicazione sono descritti come sistemi immorali, assenti di empatia, dove la ricerca dello scoop è di primaria importanza rispetto all’individuo.
L’opera di Hara non è che una critica alla società contemporanea e non si sottomette alla convenzionalità e al politically correct. L’animazione ha alcune lacune e purtroppo non paragonabile ai lungometraggi più celebri. Il design è molto abbozzato e non riesce ad avere un preciso marchio estetico. I fondali sono formidabili. Kei Wakakusa con la sua intensa musica ci accompagna all’interno della storia.
Pur non rivelandosi un grande successo al botteghino, con un incasso inferiore ai 300 milioni di yen, Un’estate con Coo ottenne un indiscusso successo di critica, guadagnandosi l’Animêshon taishô al festival Mainichi Film Award del 2008, il gran premio all’undicesima edizione del Japan Media Arts Festival ed il Tokyo Anime Award alla TIAF del 2008, oltre alla nomination per l’Animêshon sakuhin-shô.
Con Un’estate con Coo, Keiichi Hara omaggia la filmografia dello Studio Ghibli, soprattutto per l’attenzione alle tematiche ambientali – citando chiaramente Pom Poko del maestro Isao Takahata, il quale definisce questo film «spontaneo e caldo, una grande gioia». L’amicizia fra i protagonisti evoca in parte il classico Disney, Red e Toby – Nemiciamici.
Keiichi Hara riesce a proporre un realismo dei sentimenti davvero notevole. Da quest’opera l’umanità ne esce sgradevole e grottesco. L’essere umano conferma la sua natura distruttrice a scapito di un mondo arcaico che sta scomparendo e di cui l’elemento fantastico, come dimostra il poetico finale, ne è il simbolo più efficace. Un’estate con Coo ci ricorda come il genere umano si stia allontanando dalla natura fino al punto di esserne diventato un nemico. Il regista esorta il pubblico ad intraprendere una via diversa, basata sull’accoglienza e sulla pace, prendendo come esempio Koichi e Coo.
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