Il lungometraggio animato per adulti, La collina dei conigli (all’estero meglio conosciuto come Watership Down) diretto da Martin Rosen compie cinquant’anni quest’anno. Il film del 1978 è il primo adattamento dell’omonimo romanzo di Richard Adams. Rispetto alla storia su carta, quella su schermo si prende molte libertà ma, per chi non avesse mai letto il libro, la cosa non minerà minimamente la visione.
Nelle campagne inglesi, il giovane coniglio Quintilio sogna l’imminente distruzione di Sandleford, la conigliera in cui abita. Insieme a suo fratello Moscardo provano a convincere il capo della conigliera a spostare tutti i loro simili ma il tentativo risulta vano. Moscardo, Quintilio e altri sei compagni decidono così di abbandonare Sandleford alla ricerca di una nuova terra in cui poter ricominciare e vivere tranquilli. Le cose saranno tutt’altro che semplici e non prive di conflitti e dolori.
L’opera non è invecchiato male. Le animazioni sono apprezzabili, gli scenari sono davvero splendidi e alcuni effetti visivi sono tuttora affascinanti. La vicenda scorre bene lungo tutti i suoi novanta minuti con momenti di palpabile tensione. Insomma un film britannico degno di nota, davvero ben costruito, grazie a un ottimo climax, una convincente colonna sonora e, soprattutto, un vivido uso della violenza.
Rispetto al libro di Adams, La collina dei conigli di Rosen si prende qualche libertà interpretativa che, in alcuni casi, ribalta le sorti di alcuni personaggi in maniera evidente, in altri fa innocenti modifiche, in altri ancora opta per reinterpretazioni che donano maggior lustro all’opera intera.
La collina dei conigli non può probabilmente dirsi un capolavoro ma, a distanza di mezzo secolo, ha ancora da mostrare qualcosa, soprattutto in alune scelte estetiche in alcune sequenza fra cui: il prologo, radicalmente diverso dal resto della storia, la visione onirica del Coniglio Nero della Morte che guida Quintilio al fratello gravemente ferito, la soundtrack include Bright Eyes di Art Garfunkel.