Il mondo del lavoro visto dagli occhi di una dipendente giapponese. Questo è Aggretsuko, un anime targato Netflix e che è giunto alla sua conclusione lo scorso 16 Febbraio e iniziata nel 2018. Di nome Retsuko, la protagonista è una piccola panda rossa della Sanrio, già comparsa in tv tramite brevissimi corti andati in onda sulla rete giapponese TBS.
Fin dal primo episodio Retsuko ci introduce nel suo ufficio. Scenario che ci farà immergere immediatamente nel contesto della serie, ovvero il mondo giapponese dei giovani e del lavoro. La peculiarità di questo personaggio è lo sfogo della sua rabbia attraverso la musica e lo fa con uno stile piuttosto particolare per un design così tenero. Infatti, quando la pandina non riesce più a contenere la frustrazione per la sua vita lavorativa, canta in un karaoke brani heavy metal – growl, tramite i quali esterna tutte le sue infelicità e le parole non dette ai colleghi e al suo capo.
Tutti ci possiamo sentire un po’ Retsuko! Perché i suoi crucci, le sue ansie, i suoi dilemmi sono anche i nostri. Chi non si è mai sentito trattato ingiustamente sul posto di lavoro? Chi non è mai stato sottopagato e sfruttato come dipendente? La protagonista corrisponde alla donna giapponese media, leale e dedita al suo ruolo, repressa in una società che antepone il lavoro sopra la vita privata. La donna ideale è una sposa ubbidiente che accudisce i figli. Ovviamente, questo non può essere con nessuno se non con un marito di buona famiglia e con un ottimo lavoro.
Le relazioni all’interno dell’ufficio, sono ciò che rendono questa storia interessante, e tutti i personaggi con cui entriamo a contatto, o quasi, ruotano attorno a Retsuko e alla sua vita lavorativa.
Aggretsuko riesce a mischiare, con più o meno successo, leggerezza e serietà, introducendo numerosi argomenti vicini alla generazione dei Millennials, e in particolare, solleva critiche nei confronti di un sistema ormai obsoleto portato avanti da vecchi. La quinta e ultima stagione, in particolare, è una critica aperta ed esplicita al sistema politico antiquato e alla poca attenzione al mondo giovanile.
Il rischio più grande di una serie come Aggretsuko, però, è mostrare come spesso la volontà di andare avanti non si concretizzi: infatti, in modo totalmente differente da altre serie, Retsuko (e anche altri personaggi che le ruotano attorno), fa delle scelte che inizialmente sembrano “rompere” il suo status d’immobilità di fronte ad abusi lavorativi e sentimentali, ma poi torna sui suoi passi, come a dimostrare che in fondo la comfort zone è qualcosa che non si riesce davvero ad abbandonare e che è meglio rispettare i canoni di ciò che vuole la società piuttosto che romperli.
Retsuko sembra quasi uscire sconfitta dal contesto, nonostante a più riprese ne diventi una sorta di “miccia” sovversiva. In parte, questo fa pensare a come anche solo instillare il dubbio in chi ci circonda sia importante, a dispetto delle scelte personali di ognuno. Però, d’altra parte, dimostra anche quanto il giapponese medio si sia abituato a rimanere in un certo status e faccia davvero fatica ad uscirne.
Aggretsuko è una serie semplice e gli episodi scorrono con una facilità incredibile. Si tratta di uno spaccato di vita reale e dal quale ogni persona può tirar fuori un significato e farlo proprio, o anche semplicemente fermarsi a riflettere sulla propria condizione. Perché, in fondo, quasi tutti siamo stati Retsuko (almeno una volta).