Pokémon // Il viaggio di Ash

da | Feb 13, 2023 | Storie

Ash, o per meglio dire, Satoshi nella sua denominazione giapponese, nasce dalla penna di Takeshi Shudo, creatore dell’anime Pokémon. Oggi non parleremo solo di Ash e del suo incredibile viaggio, ma anche del suo creatore, il quale ci ha lasciati nel 2010, a seguito di una tragica storia.

Quando si parla di Pokémon, è impossibile non menzionare Shudo, poiché è (anche) grazie a lui se oggi l’anime ha suscitato così tanto scalpore nel mondo e, probabilmente, potremmo dire che è anche grazie a lui se Pokémon è diventato un fenomeno mondiale. L’anime ha per certo supportato i videogiochi, permettendo il successo del brand così come lo conosciamo oggi.

Ash è l’incarnazione animata di Red, il protagonista dei videogiochi Pokémon Rosso, Blu e Giallo (e Verde, per i giapponesi.) Il suo personaggio è stato basato sul tipico eroe anni ‘90, con qualche delineazione un po’ diversa per l’epoca. In effetti, in un mondo di eroi vincenti (prendiamo ad esempio Goku di Dragon Ball) e dai tratti adulti e maschili, Ash si inserisce come un protagonista sbadato, arrogantello e neanche così forte, rispetto ai suoi “colleghi”.

Il viaggio di Ash in questo modo, ci porta a vedere la vita come una sfida che non vinciamo sempre, ma dove, piuttosto, troviamo delle difficoltà da superare con l’allenamento e con la determinazione. 

Tuttavia, il grande “sogno” di diventare Maestro di Pokémon (sempre ammesso e non concesso che Ash stesso sapesse cosa significasse), non era il piano originale di Takeshi Shudo. Lo scrittore non voleva che l’intera avventura si concentrasse sulla “vittoria”, e non voleva in alcun modo che fosse questo il fine ultimo del personaggio. Ad oggi, però, sappiamo bene che lo scopo di Ash è di fatto diventare il più grande Maestro di Pokémon al mondo e che, di conseguenza, l’obiettivo di Shudo è andato perduto. O almeno, così sembra.

Ma facciamo un passo indietro… L’autore, assunto dalla neonata Pokémon Company nel 1997, aveva idee ben diverse da quelle realizzate con la serie animata. La sua idea era quella di concludere l’anime con una sola stagione e un film, il tutto per farlo diventare un progetto lungo massimo due anni e che si sarebbe resettato di volta in volta. Nuova stagione, nuovi protagonisti, nuove avventure e presumibilmente anche nuovi temi da esplorare. 

I personaggi, creati sulla base di stereotipi riconoscibili, dovevano essere ben diversi: più maturi, meno “bambini”, adatti a un pubblico triplice e che andasse dai bambini fino ai giovani adulti e agli adulti. Il Team Rocket, nello specifico, doveva avere un ruolo diametralmente opposto a quello raffigurato nell’anime: più serio, più fiero, meno fallimentare. 

La verità, è che Shudo voleva esattamente l’opposto di ciò che hanno poi rappresentato i suoi personaggi, ma potremmo dire che comunque non rappresentano un fallimento, poiché il Team Rocket stesso è finito ad essere uno dei trii di antagonisti più amati dal pubblico, a prescindere dal loro fallire.

Avevo inizialmente pensato a varie personalità per loro, ma alla fine dei conti sono stati costretti a imbracciare una personalità stereotipata, facile da comprendere e capace di far empatizzare i bambini, che sono sempre stati il target principale dell’audience. Ci sarebbe stato il modo di fare diversamente, ma visto che il target erano i bambini era meglio renderli personaggi piatti e semplici.”

tradotto dal blog di Takeshi Shudo

In ogni caso, la risposta del team di marketing alle richieste dello scrittore non fu positiva: l’anime di Pokémon doveva essere indicato specialmente per i bambini, avere una formula facilmente ripetibile, in modo da renderlo più fruibile e semplice da interpretare. E soprattutto doveva durare almeno dieci anni (e se l’esperienza insegna, potremmo dire che ci sono riusciti).

Queste direttive cominciarono a gettare Shudo nello sconforto e in un baratro di alcolismo e dipendenza da psicofarmaci. Lavorò comunque dal 1997 al 2002 alla serie, scrivendo numerosi episodi, dirigendone altrettanti in quanto head writer e stendendo lui stesso i primi tre lungometraggi – anche se non con poche difficoltà di limiti creativi.

Fu costretto a rinunciare al suo incarico soltanto a causa delle sue condizioni di salute, al di là delle divergenze creative con il resto del team – in particolare dettate da un certo Omae-Sama, che cita nel suo blog e che pareva essere un pezzo grosso dell’azienda. 

Shudo si ammalò lentamente a causa dei suoi stessi vizi, dati da comportamenti depressivi: nel 29 Ottobre del 2010 si spegne a causa di un’emorragia celebrale, data da anni di difficoltà fisiche a causa della sua dipendenza dagli psicofarmaci e dall’alcool che, a sua detta, erano sempre stati necessari per fargli mantenere un equilibrio creativo.

Ma perché parlare di questa triste storia quando parliamo di Pokémon? Non sembra sposarsi bene con il brand, né con la fine di questa saga dell’anime. Era necessario spiegare come il viaggio di Ash non fosse nato da una penna ingenua, ma tutt’altro: dietro la sua vita animata, c’era un piano molto più grande e molto più maturo. Tematiche come l’esistenza e la coesistenza dovevano essere temi centrali dell’anime e dovevano accompagnarci nella sua breve durata. Tutto questo non è stato integralmente perso, anzi, scavando a fondo negli episodi e nei film scritti da Shudo, possiamo scorgere quella profondità di pensiero.

Pokémon, negli anni, si è “evoluto” involvendo ed eliminando i temi importanti che Shudo aveva inserito nell’opera. Il distacco di tematiche non è difficile da avvertire, ed è il motivo stesso per cui la fanbase, per quanto affezionata, ha sempre gradito maggiormente la Original Series (dunque l’arco narrativo di Kanto, Orange e Johto) rispetto alle successive. 

Quando ci riferiamo a Pokémon, pensiamo immediatamente a una serie per bambini e, in effetti, non si ha torto. Ma quando pensiamo ai fan, pensiamo a persone adulte, persone che sono cresciute con l’anime, con i videogiochi e che hanno supportato o continuano a supportare quello che, ad oggi, è il franchise più potente e redditizio al mondo.

Sembra incredibile, come per contrapposizione, un prodotto ideato per bambini, sia diventato ad appannaggio maggiormente degli adulti e come quest’ultimi siano riusciti a trarne i significati che lo stesso Shudo avrebbe voluto inserire al suo interno.

Certo, c’è da dire che rispetto alle sue idee e anche solo al prodotto giapponese, ciò che abbiamo visto noi occidentali è una versione edulcorata e ricolma di cambiamenti e cancellazioni (già attuate dal mercato statunitense, ma magari le approfondiremo in un altro articolo), tuttavia, questi messaggi sono riusciti a superare ogni tipo di barriera: da quella culturale fino a quella della censura. 

Esistere con la natura, esistere ed appassionarsi a qualcosa, coesistere in termini di relazione con l’universo, con sé e gli altri. Ecco cosa Pokémon ha portato dentro le case di ognuno ed ecco perché, nonostante il viaggio di Ash stia per finire – e forse, al netto di tutto, è meglio così – questa notizia ci colpisce così da vicino. Perché Ash è esistito con noi per ben venticinque anni, perché nel suo non crescere è in qualche modo cresciuto e lo ha fatto attraverso il marketing e il tempo: ha cambiato il suo design, ha cambiato il modo di agire, seguendo quelli che sono diventati i tempi moderni, ricalcando, mano a mano, gli stereotipi di cui l’animazione giapponese si è infarcita nel tempo.

Ash ha seguito un percorso, un po’ iniziato da Shudo, un po’ continuato dai suoi eredi, e lo sta concludendo come “somma” di tutti i suoi scrittori, ma non solo. Ha compiuto il suo viaggio dell’eroe, quello che determina il percorso dal punto A al punto B, dove il punto B forse è diventare Maestro di Pokémon, ma forse, secondo la lettura di Shudo, è anche semplicemente comprendere il senso dell’esistenza stessa. Ash è un personaggio scritto da tutti, che vive nella mente dei fan e che è rappresentazione disegnata di un buon progetto di marketing, ma anche di persone che hanno creduto in esso e che hanno tratto un senso “proprio” dall’opera.  Si tratta di un personaggio costruito non solo dalla serie, ma anche dall’immaginario dei fan.

Cosa significhi essere un “Maestro di Pokémon” ce lo siamo chiesto tutti, nel tempo. Ed indipendentemente da questo, il web ha continuato a sostenere teorie e creare una sorta di avventura co-partecipata, dove ognuno ha dato ad Ash un obiettivo diverso: quello da vincitore della Lega, o magari quello da eroe che completa il Pokédex, o quello che cattura i leggendari. E se, alla fine, noi tutti non fossimo parte del viaggio di Ash? Henry Jenkins, sociologo e saggista statunitense, ci definirebbe textual poachers, ovvero degli appropriatori testuali, che hanno preso l’opera e l’hanno fatta loro, traendone un significato diverso e prolungandolo sulla base della propria esperienza.

Chissà se Takeshi Shudo si sarebbe mai immaginato questo. Chissà, se avrebbe mai pensato che il viaggio di Ash sarebbe durato ben venticinque anni, e che avrebbe cresciuto intere generazioni tenendole incollate di fronte alla tv o al pc, quando avrebbe vinto la Lega. Chissà cosa avrebbe pensato, vedendo video teorie, spiegazioni ed approfondimenti sulle cose scritte da lui e chissà se alla fine sarebbe stato felice di scoprire come ogni fan di Pokémon, dal più piccolo al più grande, ha tratto per sé e solo per sé, un senso proprio di appartenenza.  Di sicuro non avremo mai le risposte a queste domande, non sapremo mai se Shudo sarebbe stato contento di vedere i fan così attaccati all’opera che lui ha contribuito ad originare, ma ciò che possiamo fare adesso è vedere con i nostri occhi come si concluderà questo viaggio.

Dunque, sediamoci comodi, indossiamo il nostro berretto – rigorosamente al contrario – prendiamo la nostra anima più giovane e prepariamoci ad un’ultima grande avventura.

FONTI
Style
La scimmia pensa 
LavaCutContent
Comic Book
Wikipedia I, II

IMMAGINE
Pokémon the Series, © 1997/The Pokémon Company
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Sull’autore
Toscana di origini e romana di adozione, studia Graphic Design a Firenze, per poi decidere di buttarsi sulla comunicazione e trasferirsi a Roma, dove si laureerà nel 2018 in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo all’Università degli Studi “La Sapienza”, scrivendo una tesi di ricerca sui fandom e sul rapporto tra fan, fumetti e questione di genere. Appassionata di anime, manga, serie tv, videogiochi e mondo nerd in generale, fonda il suo primo forum a quattordici anni, cominciando una discesa negli inferi del web che la guideranno verso la sua strada lavorativa: quella della Social Media Manager e Community Manager di giorno, e quella della nerd campionessa di Pokémon di notte. Studia anche fumetto e digital painting, sognando di disegnare una sua storia e di poter regalare emozioni con i suoi personaggi.
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